L’impatto dell’obesità sull’economia complessiva ammonta a circa il 3% del Prodotto Interno Lordo mondiale.
Non sempre mangiare poco significa essere denutriti. C’è una sostanziale differenza tra malnutrizione e denutrizione, e ne danno la prova concreta non solo i Paesi più poveri, ma anche l’attuale andamento presente in Italia. Nel nostro territorio il rischio maggiore di obesità riguarda soprattutto bambini e adolescenti.
Le conseguenze economiche
Il nesso stretto invece sussiste tra malnutrizione e obesità, ma com’è possibile? Secondo un rapporto della Federazione Mondiale Obesità, nel giro di 12 anni il tasso di crescita di peso più veloce sarà tra i bambini, soprattutto in Africa e in Asia. Questo fenomeno però tocca anche le tasche globali che potrebbero spendere circa 4mila miliardi di dollari.
La pediatra australiana Louise Baur spiega che la tendenza è “particolarmente preoccupante”, e che “i governi e i responsabili politici di tutto il mondo devono fare il possibile per evitare di trasferire i costi sanitari, sociali ed economici alle giovani generazioni, valutando i sistemi e i fattori di fondo che contribuiscono all’obesità”.
Un fenomeno dei Paesi poveri
Da notare come questo dato sia prevalentemente nei Paesi a basso reddito, a causa di diete a prevalenza di cibi grassi ed elaborati, e un comportamento sedentario. Ma non solo: tra i motivi ci sono anche politiche nazionali molto deboli di controllo del settore alimentare e del relativo marketing, servizi sanitari più esili le cui finanze non coprono interventi sui rischi dell’aumento di peso o sull’educazione alla salute.
E in Italia?
In Italia invece, il rischio di obesità si concentra soprattutto nella fascia giovanile: il 10% dei bambini, circa 700mila fra i 5 anni e i 15 anni. Di questi, oltre 150mila sono obesi gravi, solo una piccola parte a causa di un difetto genetico e per il resto invece in ragione di comportamenti alimentari scorretti.
Inoltre, il 40% di questi bambini avrà ancora obesità in età adulta, con un aumento del rischio di mortalità nel lungo periodo. I pediatri affermano che esistono nuovi farmaci utilizzabili già a partire dai 13 anni, ma che l’alimentazione sana e l’attività fisica sono sempre il trattamento favorito.